Siamo molto
felici di richiamare in questo convegno gli indimenticabili momenti quando
Chiara ha fatto nascere la Scuola di Inculturazione. Ricordiamo tutti la sua
gioia a Nairobi quando l’ha annunciata a conclusione della sua visita del
maggio 1992.
Chiara stessa lo
narra a più riprese. Era stata ricevuta dal Nunzio di Nairobi ed un argomento
che l’ha molto colpita nel colloquio con lui è stato il suo pressante interesse
per l’inculturazione, anche in vista del Sinodo per l’Africa che si sarebbe
svolto di lì a poco. E mentre il Nunzio faceva degli esempi e auspicava
benefici effetti dell’inculturazione anche nell’evangelizzazione e in teologia,
ecco che a Chiara si è accesa una luce, un’ispirazione.
Chiara confida:
“in quel momento ho avuto come una luce...dallo Spirito Santo” [1] e spiega poi alle delegazioni di interni
convenuti a Nairobi da tutta l’Africa che dalla nostra spiritualità[2], “nascerà una dottrina che non è legata ad un
ambiente culturale particolare... ma è legata al carisma, che è venuto da Dio,
è quindi una dottrina legata in Cielo, che viene giù come una luce bianca, cioè
senza colore..., ha il colore del Cielo”. “Questa dottrina – aggiungeva -
potrebbe essere utile per tutti i teologi del mondo e colorirsi, secondo gli
ambienti, delle diverse culture; assumere le diverse culture in quest’unica
verità che verrà insegnata, che verrà trasmessa.” [3]
Ecco che era
nata l’inculturazione focolarina.
Così alla
nascente Mariapoli Piero Chiara affida, non solo di sviluppare tutto come le
altre cittadelle, ma specifica a Bruna e Lucio che “qui deve nascere una
scuola per l’inculturazione nostra!”. Aggiunge: “Come l’Araceli –
quella che oggi è la Mariapoli Ginetta - è la città pilota per l’economia di
comunione, così l’Africa ed in modo particolare la cittadella qui – la
Mariapoli Piero – dovrà essere un modello di queste scuole che si
moltiplicheranno poi in tutte le nazioni, secondo le varie culture”[4]. Chiara infine
concludeva agli interni in quella storica giornata del ’92: “La
novità è questa:...qui a Nairobi nascerà subito, perchè domani mettiamo la
prima pietra, una scuola per l’Inculturazione! Così piano piano tutti,
cominciando dai dirigenti (capinucleo, capi unità, perni delle segreterie dei
sacerdoti, dei religiosi, delle suore), possano passare un po’ di tempo per
vedere, per arricchirsi di questa nuova teologia, per arricchirsi di tutto lo
studio che verrà fuori” [5].
Il giorno
seguente Chiara, girando nel terreno della nascente Mariapoli Piero, ha deposto
la medaglietta anche nel punto dove sarebbe stata costruita la sede della
Scuola di Inculturazione. Ha incaricato di occuparsene come direttore Padre
Valentino Vadagnini e ha chiesto al vescovo mons. Antonio Scoppellitti di
esserne il garante. Il tutto è stato affidato a Bruna e Lucio. Chiara indicava
inoltre il metodo dei lavori: affrontare un argomento studiandolo bene nelle
Tradizioni africane, come ricerca culturale per raccogliere e mettere in
luce i “Semi del Verbo” presenti nella cultura africana, col
vivo contributo di commissioni delle varie zone e nazioni – passare poi a
comprenderlo alla luce dell’Antico e Nuovo Testamento e nei Documenti della
Chiesa – infine come visto secondo la Luce Bianca, la luce dell’Ideale.
Poco dopo aver
composto il suo primo lavoro, Padre Valentino è partito per il Cielo. La
commissione in seguito si è progressivamente arricchita di nuovi membri e le
scuole di inculturazione si sono succedute, ad intervalli di due o tre anni, a
livello pan-africano, con regolarità. Presenti sempre tutti i responsabili
delle zone africane, gruppi qualificati di interni e spesso vescovi.
Immediata la
risposta degli interni alla richiesta di Chiara di raccogliere proverbi. Molto
attive poi, nel lavoro di ricerca sia di tradizioni orali che di costumi ed
anche di testi di esperti, sono state le commissioni locali, che si sono andate
sempre più specializzando nel fornire competenti studi ed efficaci esperienze.
Gli argomenti,
scelti con Gesù in mezzo con le commissioni, sono stati sempre rivisti anche
con l’Indaco dell’Opera e sottoposti a Chiara e a don Foresi.
I temi finora
trattati sono stati: -1 L’inculturazione e il concetto di Dio nella Tradizione
africana –2 la Persona –3 La Comunità –4 Proprietà e lavoro nella prospettiva
dell’Inculturazione –5 Sofferenza, Malattia e Morte nell’Africa sub-sahariana
–6 Risoluzione dei conflitti e Riconciliazione nell’Africa sub-sahariana, sfide
per l’inculturazione -7 L’Educazione nell’Africa tradizionale – 8 La
Comunicazione - Si sta preparando per il 2010 la IX edizione.
Le lezioni – sin
dalla prima Scuola – sono state riprese al video e moltiplicate, così da
rendere possibile ripetere le scuole a livello zonale. Se ne sono anche
pubblicati gli Atti in italiano, inglese e francese, che sappiamo sono
apprezzati in università, organi di sviluppo e ambasciate. Alla Mariapoli Piero
si è costituita una segreteria permanente.
Nel luglio
scorso, a conclusione dell’Assemblea, Emmaus ha incaricato Bruna e Lucio di
restare responsabili della Scuola di inculturazione per continuare il lavoro
intrapreso.
*
* *
Abbiamo visto
come Chiara – profeticamente – abbia colto a Nairobi l’importanza dell’
Inculturazione per la Chiesa in Africa.
Parlando di
Inculturazione è forse utile dire due parole del suo significato in ambito
ecclesiale. E’ un termine di teologia, coniato dopo il Concilio Vaticano II,
che indica l’incontro del messaggio evangelico con le culture, quale parte
integrale del processo di evangelizzazione.
Nel documento
finale, pubblicato nel 1995 a conclusione del Sinodo per l’Africa, intitolatoEcclesia
in Africa, l’inculturazione è vista da Giovanni Paolo II come un “cammino
di santità” e trova il suo fondamento nell’evento stesso dell’Incarnazione.[6] “L’annuncio della Buona Novella con la
parola e con le opere apre il cuore delle persone al desiderio dellasantità”
– scrive il Papa e prosegue – “Costituisce una via alla
santità anche l’inculturazione, mediante la quale la fede penetra
nella vita delle persone e delle loro comunità originarie. Come
nell’Incarnazione Cristo ha assunto la natura umana con esclusione solo del
peccato, analogamente mediante l’’inculturazione il messaggio cristiano
assimila i valori della società alla quale è annunciato, scartando quanto è
segnato dal peccato. Nella misura in cui la comunità ecclesiale sa integrare i
valori positivi di una determinata cultura, diventa strumento della sua
apertura alle dimensioni della santità cristiana (EA 87). Nello stesso
documento, riprendendo una raccomandazione dei vescovi africani, si sottolinea
“di tener conto che l’inculturazione ingloba tutti gli ambiti della vita della
Chiesa e dell’evangelizzazine” (EA 62). Ma non è un processo facile da attuare.
Chiara,
nell’atto di questa fondazione della Scuola di Inculturazione focolarina,
traccia anche una nostra metodologia e più ancora ci indica il
nostro modo di vivere l’Inculturazione. Ricorderete che al termine del suo
viaggio a Nairobi ci consegna un Collegamento memorabile, quello del “farsi
uno più profondo”[7].
Ci confida: “Una
della grazie che la Madonna in questo mese di maggio ci ha fatto, nel
nostro soggiorno in Africa, è stata quella di comprendere una nuova dimensione
del farsi uno col fratello …e abbiamo visto anche in una luce nuova il fratello
stesso.”
Richiamando S.Vincenzo
di Paoli, che definiva i poveri come suoi padroni, Chiara continua: “Abbiamo
compreso che dobbiamo vedere non solo i poveri come nostri padroni, ma anche
tutti i nostri prossimi. Infatti, se Gesù ha detto che non è venuto per essere
servito, ma per servire, il servo siamo noi e i padroni gli altri. E come tale
è lui, il fratello, che deve avere la prima parola, essere onorato, obbedito,
perché è lui che comanda”.
Scrive Lucio,
presentando questo testo di Chiara alla prima scuola di Inculturazione, “Qui
già si capisce che si deve farsi uno...dimenticandosi di noi e immedesimandosi
nell’altro come fosse la sola cosa che conta”[8].
Chiara continua
sottolineando quanto è doveroso mettere il fratello in condizione di aprirsi
spostando noi stessi e accostare il fratello “vuoti completamente di noi
stessi”, “per essere di fronte a lui nulla come Gesù abbandonato e Maria
Desolata”. “In tal modo – dice - il fratello può manifestarsi perché trova chi
lo accoglie: può donarsi”. E continua: “Ma poichè il nulla in noi è un nulla di
amore e non certo un nulla sinonimo di inesistenza, lo Spirito Santo, che
vigila presente in noi, ci illumina e ci permette di guidare in certo modo la
conversazione perché il fratello possa completamente aprirsi. Non solo, ma ci
dà modo di cogliere quel qualcosa di vivo che è nel cuore del fratello, vivo
nel senso soprannaturale, fiammella della vita divina in lui: o vivo
semplicemente nel senso umano, espressione cioé di quei valori che il Signore,
creandoci, ha disseminato in ogni anima umana”.
Lucio commenta
ancora: “Quello che colpisce in questo spostare noi stessi per
farsi uno è la misura... Gesù abbandonato e Maria Desolata. D’altra parte è
anche l’unico modo vero perchè ci sia Gesù in mezzo con quel prossimo e di
conseguenza lo Spirito Santo e la sua Luce.” E continua: “E’ la prima fase
dell’azione dello Spirito: la manifestazione del fratello in tutto quello che
c’è di positivo e di sapienziale in lui” ove “la parte attiva, d’amore, di
noi...è quella di guidare, se così si può dire, la conversazione perchè il
fratello possa aprirsi completamente”, dopo di che “comincia la seconda fase
dell’azione dello Spirito con la comprensione da parte nostra di ciò che c’è di
positivo, di vivo nell’altro”[9].
A questo punto
Chiara dice: “Su quel qualcosa di vivo noi possiamo, servendo,
innestare con dolcezza, con amore, con illimitata discrezione, quegli aspetti
della verità, del messaggio evangelico che portiamo, che danno pienezza e
completezza a ciò che quel prossimo già crede e sono da lui stesso attesi,
quasi agognati, aspetti che trascinano con sé, poi, tutta la verità. Così il
fratello ha prima dato, e noi poi abbiamo fatto altrettanto e la fiamma del
nostro ideale va a beneficio di tanti”.
Si sente nelle
parole di Chiara la sua gioia di arrivare a scoprire - in questo processo di
amore del farsi uno più profondo -, di quel qualcosa
di vivo, di prezioso nell’altro, che coincide con il
riconoscere i semi del Verbo, disseminati in ogni cultura.
E’ questo il
cammino che anche noi abbiamo intrapreso lavorando per la scuola di
Inculturazione, spronati e sostenuti in questi anni da Bruna e Lucio, i nostri
“anziani”.
E’ stata
un’esperienza graduale di sensibilizzazione e di crescente interesse in questo
esercizio di esprimere e articolare valori e limiti delle proprie culture, un
campo a dir il vero nuovo per tutti noi. E’ stato utile certamente per
conoscersi, stimarsi e stabilire un spirito di dialogo e amore tra i vari
popoli africani; anche un rendersi conto del patrimonio comune e aiutarsi a
fare sentire la voce dell’Africa al resto del mondo in vista della fraternità
universale.
E’ un lavoro
agli inizi e per conoscere di più dei temi e contenuti emersi rimandiamo alla
consultazione degli Atti pubblicati. Posso qui solo accennare quanto venga in
luce nella tradizione africana il valore e la centralità dell’essere umano,
espresso come Muntu nelle lingue Bantu. Parola composta dal
prefisso Mu=l’essere pensante e ntu= la forza
della vita. Quindi il Muntu, in relazione di vita con la sua
comunità, con il mondo naturale, con il mondo spirituale e Dio. Queste tre
dimensioni sono costitutive per la sua esistenza e nessuna può mancare perchè
possa svilupparsi, ricevere e dare la vita. In questa vita naturale non sono
assenti elementi di ascetica e di mistica, una ‘mistica della vita’. E’
testimoniata così una spiritualità tradizionale africana, che può dare un
apporto significativo nel nostro mondo globale.
Ma anche in
Africa è arrivato il ‘tsunami’ del consumismo, che erode e minaccia il tessuto
sociale e l’autentica vita religiosa, per questo l’Inculturazione è importante
per mettere a fuoco le radici umano-divine della vita africana per un sviluppo
armonioso della sua vita sociale ed ecclesiale.
*
* *
Possiamo dire
che il lavoro in questi anni è stato sempre nuovo e arricchente. E’ stato un
continuo imparare, un affinare i metodi di ricerca e un progredire nel
preparare e rivedere i contributi con Gesù in mezzo. Ricordo che così è stato
anche per me nello studio dei diversi argomenti alla luce della Scrittura.
Si è fatta
l’esperienza dell’inculturazione focolarina, basata sul farsi uno più
profondo, un’esperienza di inculturazione alla scoperta dell’altro ed
anche di profonda inter-inculturazione – come Chiara la chiama - tra
le culture africane stesse, date le specificità dei diversi gruppi etnici. E’
stato un vero “scambio di doni” che faceva crescere nell’amore e nella vita e
saziava l’anima e la mente, dando nuova consapevolezza delle proprie radici e
aprendo nuovi orizzonti.
Ricordo un
bellissimo passo di Chiara, citato da Bruna nell’ultima scuola di
inculturazione a Nairobi. Bruna ha richiamato quanto spiegato da Chiara a
Guadalupe quando descrive l’incredibile farsi uno della Morenita che emerge da
ogni particolare della sua veste e della sua immagine. In questa occasione
Chiara conclude. “Ciò che vi ho segnalato mi sembra sufficiente per farci
capire una cosa assai importante. L’inculturazione non è solo un farsi uno con
un altro popolo spiritualmente, scoprendovi magari e potenziando i semi del
Verbo presenti in esso, ma assumere anche noi con umiltà e conoscenza quel
qualcosa di valido che offre la cultura dei nostri fratelli. L’inculturazione
esige uno scambio di doni. Questo ci vuol dire la Madonna di
Guadalupe.”[10]
E’ l’amore che
deve guidarci nell’inculturazione, così che agisca lo Spirito Santo, ripeteva
Chiara a Fontem nel 2000.
Cardinali,
vescovi e teologi hanno espresso in questi anni il più alto apprezzamento per
questo lavoro, non possiamo nominare tutti, ma forse possiamo citare qualche
frase tratta da una prefazione del Prof. Maviiri, ad uno dei libri degli Atti.
Il Prof. Maviiri, Rettore all’Università cattolica dell’Africa dell’Est così
scrive: “Nell’attuale fase che stiamo vivendo (...) è quanto mai opportuno e
appropriato che tali lavori vengano pubblicati, non solo per sottolineare la
necessità e l’urgenza dell’Inculturazione, ma anche per testimoniare la
gioia di scoprire il dono di ciascuno in risposta all’amore di Dio per tutti.
Questa è la prassi della Scuola di Inculturazione del
Movimento dei Focolari”. Colpito da un passo di Chiara pubblicato
nei suoi Scritti Spirituali[11], così conclude:
“Secondo Chiara Lubich, tutti gli esseri hanno da essere visti come doni di
Dio. Di qui: ‘Chi mi sta vicino è stato creato in dono per me ed io sono stata
creata in dono a chi mi sta vicino. Sulla terra tutto è in rapporto d’amore con
tutto: ogni cosa con ogni cosa. Occorre però vivere l’Amore per
trovare il filo d’oro tra gli esseri’ ”[12].
*
* *
Insomma si può
dire con gioia e per concludere che l’Inculturazione - questo bambino uscito
dal cuore di Chiara e dal suo amore profetico - è nato, ben coscienti che è
bisognoso ancora delle cure attente di tutti noi per crescere e portare il
centuplo in frutti, non soltanto nella Scuola, ma per la vita stessa dell’Opera
in tutta l’Africa.
[2] Come infatti confermano gli odierni studi
della Scuola Abba e l’erezione dell’Università Sophia.
[3] Chiara Lubich, Ai rappresentanti
delle comunità del Movimento dei Focolari in Africa, Nairobi 18.05.1992. In
questa occasione, a conferma di quanto da lei compreso già nel passato, Chiara
ancora spiega che “ultimamente è maturata in teologi nostri di valore e vescovi
di grande valore, la convinzione che sotto questa grande corrente spirituale
dell’Opera di Maria c’è una dottrina, una dottrina nuova, però cattolica, che
prende tutte le verità, ma che si presenta in maniera nuova, adatta ai tempi, e
che viene incontro soprattutto alle esigenze del Concilio Vaticano II”. Cf
Lucio Dal Soglio, Inculturazione nel Movimento dei Focolari, in
L’Inculturazione e il Concetto di Dio nella Tradizione africana, Kenya 2001, p.
67-68.
[6] Cf. P. Valentino Vadagnini, L’inculturazione
nel Magistero della Chiesa, in L’Inculturazione e il Concetto di dio nella
Tradizione africana, Kenya 2001, p. 7-22.
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